Devo confessare che mi risulta difficile trovare argomenti sempre nuovi per commentare le attuali collane Legion-related.
Ognuna di queste, infatti, procede in modo piuttosto stabile sui binari di una trama a lungo raggio e ben pianificata, senza vivere particolari sobbalzi nè picchi; perfino dal punto di vista grafico, i disegnatori si danno il cambio nel rispetto di una scelta di uniformità dello stile.
Inoltre, di recente i legionari si sono visti ben poco, in attesa del corposo ritorno sulla scena che li vedrà protagonisti a partire da marzo. Questo è forse l’elemento che più ha limato il mio entusiasmo recensorio, inducendomi a sospendere per alcuni mesi la consueta rubrica del Legionblog dedicata alle review lampo. Che inizio a riproporre solo da oggi, scongelandola dopo una pausa che dura dallo scorso novembre.
In questa puntata, mi occuperò di “Adventure Comics” e delle altre uscite legate a Superboy; nei prossimi giorni, toccherà poi a Mon-El e a “R.E.B.E.L.S.” Stay tuned!
L’edicola parte con quella che, da novembre a marzo, è stato l’unico inedito ad essere intitolato alla Legione: mi riferisco alla breve backup di Adventure Comics (vol. III) #4, di Johns, Shoemaker ed Henry.
L’episodio, ad alto tasso di romanticismo, vede sul palco due coppiette di legionari, entrambe caratterizzate da rapporti sofferti e disfunzionali: da un lato, lo storico duo di Wildfire e Dawnstar; dall’altro, i neofidanzati Blok e White Witch, recentemente accoppiati dallo sceneggiatore Geoff Johns sulla base del flirt levitziano dei primi anni ’80 (alla faccia della “regola dell’amico”!).
Il breve racconto, che riprende i fili di alcune trame in sospeso da Final Crisis: Legion of 3 Worlds, si gioca proprio attorno ai sacrifici connaturati a queste due peculiari relazioni tra “diversi”: fino a che punto arriveremmo per stare accanto alla persona che amiamo? In un’atmosfera di tensione, avventura e mistero, toccherà ai legionari stabilire l’arduo – e doloroso – verdetto.
La lettura è molto scorrevole e densa; come è accaduto quasi sempre nei numeri precedenti, si ha quasi la sensazione che duri più della decina di tavole che in effetti la compongono; è curioso che il co-sceneggiatore, Mike Shoemaker, sia più noto come autore televisivo, visto che la maggior parte dei comics contemporanei, dal ritmo narrativo molto diluito, puntano come fonte di ispirazione proprio al piccolo e al grande schermo.
Si direbbe tutto troppo bello per essere vero, ma i lettori da bicchiere mezzo vuoto si rilassino: ce n’è anche per loro. Tocca infatti segnalare una piccola ambiguità che riguarda il finale della storia: in maniera a mio avviso non voluta, l’ultima tavola pare fare un passo indietro, ed instillare nel lettore un dubbio sulla reale solidità dei sentimenti celebrati fino a quel punto. Si tratta di una sequenza di vignette quasi mute, tutte intensità, la cui riuscita è affidata in tutto e per tutto nelle mani del disegnatore: il quale, questa volta, non è riuscito a mio avviso a comunicare la corretta recitazione dei personaggi, alimentando quel meccanismo di incertezza che lamentavo. Peccato.
In ogni caso, pur handicappato anche dal punto di vista registico (vedi la sequenza in cui Blok “perde i pezzi” nella base della Legione, assolutamente poco chiara), il racconto avvince e propone molti spunti per trame future. Vedremo se e come, nell’imminente “volume VI”, Levitz raccoglierà tutti i semi sparsi nei primi numeri della rinata “Adventure Comics”.
Sempre a proposito di questa collana, non posso resistere ad un piccolo off-topic prendendo in esame anche la breve feature di Superboy Prime, di Johns e Ordway, apparsa nei #4 e #5 dell’antologico DC.
Avevamo lasciato l’alter-ego del Clark Kent di Terra-Prima nell’abominevole finale di “Legion of 3 Worlds”: si prosegue da lì, col villain ridotto a fare il bamboccione nello scantinato di casa dei genitori. Sigh. Di punto in bianco, il giovane fanboy kryptoniano viene attaccato dalle Black Lantern di alcuni dei personaggi che ha ucciso nel corso della sua sanguinosa carriera criminale: ne nasce una folle girandola autoreferenziale di futili strizzate d’occhio ai vari aspetti del cross-over “Blackest Night”, di cui questo doppio episodio è un dimenticabile tie-in.
Il problema di Geoff Johns, come ho già accennato in altri articoli come questo, è la totale superficialità nel considerare l’aspetto del sottotesto. E storie come questa rappresentano un balzo in avanti nel singolare percorso dell’autore di Detroit oltre il simbolismo: nel senso della rinuncia a rimandare a un qualsiasi significato, ma senza comunque rinunciare a un’esteriorità fasulla, al carapace di un simbolo che all’interno è però vuoto, decomposto.
In questo caso, ad esempio, il fil rouge parrebbe essere il tentativo di redimere l’ex pupillo di Alexander Luthor, attraverso un meccanismo di pietà e identificazione da parte del lettore. Ma le distrazioni da questa intenzione, comunque frammentata e poco convincente, sono così asfissianti e deragliatrici da realizzare infine un frullato dal gusto incomprensibile.
Per giunta, come è evidente pure dalle precedenti storyline su Superboy Prime, Johns sembra cercare di continuo anche un goffo virtuosismo metatestuale; il risultato, ancora una volta, è un mero scimmiottare opere altrui, come il riuscito “Animal Man” di Grant Morrison (1988).
Insomma, considero questo “two-parter” una caciottata pazzesca, degno solo del bidone per il riciclaggio della carta. Zero divertimento, zero spunti, zero interesse. Tra i peggiori fumetti che abbia mai letto in tutta la mia vita. Giuro.
Per concludere lo spotlight su “Adventure Comics”, mi limito a segnalare, infine, che i numeri #6 e #7 hanno visto come protagonista il solo Conner Kent.
Nel primo dei due albi, Johns e l’ottimo Francis Manapul hanno concluso il loro breve ciclo di storie del Ragazzo d’Acciaio: chi avesse apprezzato la collaborazione tra i due autori, però, sarà lieto di sapere che questa proseguirà a breve sulle pagine di un’altra serie mensile, quella dedicata al velocista scarlatto Flash. Wooosh!
Nel secondo floppie, invece, sono tornati a farsi vivi i topos del cross-over “Blackest Night”, con lo scontro tra il malvagio Black Lantern Superboy (ugh) e una determinata Wonder Girl (di Tony Bedard e Travis Moore).
La totale assenza di elementi Legion-related da questi due albi li esclude automaticamente dalla selezione per le mie review, ma invito ugualmente chi volesse discuterne a farsi vivo nei commenti.
Infine, vorrei dedicare un rapido cenno a Superboy: The Greatest Team-Ups Ever Told TP, delizioso paperback antologico uscito a fine gennaio.
Il volume ripropone dodici team-up tra il Superboy originale, alias Clark Kent, e alcuni giovani eroi del DC Universe, da Robin a Supergirl, da Lori Lemaris a un Green Arrow e un Aquaman ancora adolescenti.
Tutti gli episodi provengono inevitabilmente dallo sterminato carnet della Silver Age – il personaggio di Superboy è stato a lungo fuori continuity in seguito agli eventi di “Crisi sulle Terre Infinite” (1985) – o giù di lì (la storia più recente nel sommario è del 1981, ma la precedente è del ’72 e da lì si scende il viale dei ricordi fino al ’55); ma al di là dei racconti in sè, tutti gradevoli specchi dei loro tempi, l’uscita di questa raccolta spicca per una questione di ordine… giuridico.
Per lunghi anni, infatti, l’immagine di Superboy è stata letteralmente messa in un cassetto dalla DC, in luce dell’estenuante duello legale in corso tra l’editore newyorkese e gli eredi di Jerry Siegel, uno dei papà dell’Uomo del Domani: oggetto del contendere, proprio i diritti del Ragazzo d’Acciaio! A quanto pare, oggi la cosa si è in qualche modo risolta: questioni pecuniarie a parte, ad averci guadagnato sono soprattutto i lettori, che finalmente possono sperare di rileggere le graziose avventure giovanili di Kal-El.
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