Stuzzicati dall’antipasto uscito il 22/4, quando sugli scaffali degli aficionados ha preso posto il balenottero Showcase presents: The Legion of Super-Heroes vol. 3 TP, mercoledì 29 è esploso in un’inondazione di entusiasmo il vero, succoso, piatto forte del mese.
In un colpo solo, la checklist DC Comics si è vista arricchire di ben tre albi legati alla Legione: Final Crisis: Legion of 3 Worlds #4, di Geoff Johns e George Pérez, Justice Society of America (vol.III) #26, dello stesso Johns e Dale Eaglesham, e Superman #687, di James Robinson e Renato Guedes.
E’ un’esperienza, questa, che per un fan è difficile da descrivere. Si può dire che sia come un piattone di lasagne triplo strato? O come il cialdone da tre gusti in gelateria? Tutto questo, forse, e anche di più. Specie quando, come in questo caso, non si “assaggiava” più di una galletta alla settimana da parecchi mesi!
I quattro titoli di cui sopra sono legati da un significativo filo rosso. Se il volume brossurato della collana “Showcase presents” ristampa in edizione economica una sequenza di storie tra le più riuscite della Legione Silver Age, il trio di albetti usciti la settimana successiva cementa il ritorno in scena di quello stesso gruppo, se pur in una versione più matura, nel DC Universe post-Crisis.
Ma cosa rende così speciale così speciale il recupero di quella particolare incarnazione del principale team futuribile della DC? E, soprattutto, vale la pena di leggere tanto materiale?
Qualche tempo fa, in questo articolo, ho sintetizzato uno dei nodi più importanti della storia editoriale degli ultimi vent’anni di Legione. Il problema, però, è molto più complesso di come l’avevo posto in quella sede, e merita di essere affrontato con un maggiore approfondimento prima di poter entrare nel merito dell’analisi di “Final Crisis: Legion of 3 Worlds” #4.
Nel 1985, la saga “Crisi sulle Terre Infinite”, di Marv Wolfman e George Pérez, ha modificato in maniera radicale la storiografia originale dell’Universo DC. In pratica, da quel momento in poi la Storia delle vite di Superman, Batman & co. è stata cambiata, riscritta rispetto a quanto narrato fino ad allora nei loro fumetti passati, con lo scopo di modernizzarne i caratteri e i temi.
Purtroppo, tutto questo tourbillon ha generato alcuni pasticci di consecutio in varie collane dell’editore newyorkese, prima fra tutte quella della Legione, allora sceneggiata da Paul Levitz. Nel nuovo ordine, ad esempio, il giovane Clark Kent non aveva mai assunto i panni di Superboy: come aveva potuto, quindi, prendere corpo il club di eroi che le sue gesta avrebbero ispirato mille anni dopo?
Per rispondere a questa domanda sono state stese trame su trame, in un tale spreco di carta da giustificare un sit-in permanente degli ambientalisti sotto la sede della DC. Dopo tanta, inutile, fatica, nel 1994 si è deciso che sarebbe stato meglio fare piazza pulita di tutto quanto l’intricato bordello che si era venuto a creare, ripartendo invece da zero. Tabula rasa, quindi, in favore di una Legione del tutto nuova, scritta come se il franchise fosse nato in quel momento.
Dieci anni dopo, nel 2004, un identico stratagemma editoriale ha visto la nascita di una terza continuity, che nell’ambito della saga “Infinite Crisis” si è andata a sostituire alla precedente. Per leggere le motivazioni dell’autore di questo ennesimo reboot, Mark Waid, rimando all’intervista che ho riportato in questa pagina.
Lo scopo annunciato di “Final Crisis: Legion of 3 Worlds” è quello di mettere finalmente ordine nella confusione di cui sopra, sbrogliando la matassa di questo ridondante accumulo di versioni diverse degli stessi personaggi: alla fine, come diceva qualcuno, “ne resterà soltanto una”… grazie al cielo!
Realizzare una storia dalle simili premesse presenta molti ostacoli, primo fra tutti quello di evitare la caduta nel mero “spiegone” fine a se stesso, costruendo una vicenda che possa essere solida e divertente in sè e per sè. E, per quanto possibile, aperta e leggibile anche da parte dei non iniziati. Per aggirare questo scoglio, l’autore ha cercato, per quanto possibile, di evitare inutili complessità, sfoderando soluzioni semplici e in linea con le “regole” del DC Universe classico. Ad esempio, è stato deciso che che ognuna delle tre incarnazioni della Legione provenisse da una diversa Terra del multiverso DC, sfruttando così un topos riconoscibile e già al centro dell’attenzione da parte dell’editore, che lo ha eletto come cardine dei suoi ultimi eventi.
La cosa che rende forse più affascinante e ricca quest’ultima trovata è il modo in cui attorno ad essa sia stata costruita una vera e propria mitologia. In un gioco di scatole cinesi, il racconto rivela altre storie dentro di sè, cronache di incontri passati tra le “tre Legioni” del titolo, talmente interessanti da far sperare che prima o poi qualcuno ne approfondisca gli sviluppi in una miniserie ad hoc.
Una cosa che molti dello zoccolo duro sembrano non aver apprezzato è la libertà con la quale l’autore avrebbe caratterizzato alcuni personaggi. In realtà, obiettivamente, non credo si possa dire questo. Semplicemente, di fronte all’esigenza di presentare la Legione a un potenziale nuovo pubblico, si è scelto di soffermarsi su quegli aspetti dei protagonisti che potessero contribuire a definirne con maggiore chiarezza i ruoli e i significati metaforici.
Se pure in alcuni momenti la sceneggiatura di Johns mostra qualche crepa, ad esempio quando l’autore di Detroit si lascia prendere la mano e ne approfitta per resuscitare personaggi morti a destra e a manca in altre serie, il ritmo è teso e la lettura scorre come nelle migliori saghe supereroiche di taglio epico. “Legion of 3 Worlds” gode di tutti gli elementi narrativi che, soprattutto a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, hanno reso famoso il team creato nel 1958 da Mort Weisinger e Otto Binder: grandeur, azione, dramma, ma anche sentimento e coinvolgenti vicende umane, il tutto dipinto su un affascinante scenario fantascientifico. E’ in quest’ottica forse più che in ogni altra che la Legione è davvero “tornata”.
La parte grafica vanta le fatiche di un George Pérez in grandissima forma. Solo un artista minuzioso come lui avrebbe potuto gestire in maniera credibile una tale quantità di elementi sulla pagina. Tre Legioni non sono uno scherzo da disegnare, specie quando condividono lo stesso albo! Gloria anche all’inchiostratore Scott Koblish, che ha commentato il suo bel rapporto professionale con il penciler di Orange County in un’intervista riportata qui.
Purtroppo, tanta meticolosità ha costretto la serie a subire pesanti ritardi nelle uscite. Il risultato finale vale senz’altro la pena di una simile, estenuante, attesa, ma sarebbe stato ugualmente il caso, da parte dei supervisori, di organizzare più razionalmente il lavoro degli autori coinvolti nel progetto.
Per concludere, due parole sulle altre uscite Legion-related della settimana.
“Superman” #687 ospita, tra le altre cose, un nuovo capitolo delle avventure di Mon-El a Metropolis. Inoltre, prosegue in secondo piano la storyline che lega il Guardiano a un altro legionario lontano da casa, il telepate Tellus.
La lettura è avvincente e piena d’azione, ma continuo a pensare che la storia stia procedendo troppo lentamente. Inoltre, i personaggi in gioco sono davvero molti ed è difficile per lo sceneggiatore James Robinson garantire ad ognuno un tempo soddisfacente sulla scena. Non a caso, credo che i migliori episodi dello scrittore inglese siano stati finora quelli incentrati su uno solo dei binari in gioco, come nel caso degli speciali su Jimmy Olsen e sul clone di Jim Harper. Sempre notevoli i disegni cinematici di Guedes e Wilson Magalháes.
“Justice Society of America” (vol.III) #26 è un albo a suo modo storico per questa collana poichè segna l’addio dello sceneggiatore Geoff Johns, legato al franchise dal lontano 1999. Andavo ancora al liceo, allora! Sigh.
Questa storia conclusiva è una piccola gemma di estrema dolcezza, non a caso incentrata sul personaggio di Stargirl, che l’autore ha forgiato sul ricordo della sorellina scomparsa. Tanta tenerezza pulsa da ogni pagina di quello che si potrebbe davvero definire un dipinto di Norman Rockwell a fumetti. Non aspettatevi le battaglie senza sosta di “Legion of 3 Worlds”, qui. Ma uno sguardo intimo e familiare nell’animo più profondo della Società della Giustizia.
Tra i protagonisti principali della storia, Starman/Thom Kallor, reduce dagli eventi della miniserie legionaria illustrata da George Pérez. Chissà quando personaggio sarà restituito al XXXI° secolo; forse, stando alle affermazioni dello stesso Johns, il ritorno a casa avverrà il prossimo agosto sulle pagine di “Adventure Comics” (vol.III) #1. Nel frattempo, godiamocelo in storie deliziose come questa.
Splendidi anche i disegni di Dale Eaglesham e Nathan Massengill, morbidi ed espressivi. Rimanendo al lato estetico, una curiosità riguarda l’illustrazione di copertina, realizzata da Alex Ross. Questo spettacolare dipinto, dallo sviluppo orizzontale, è stato dall’editore in ben tre variant cover “componibili”, per la gioia dei collezionisti. Qui in basso riporto l’immagine completa, che merita di essere ammirata senza tagli. Peccato per questa caduta di stile da parte della DC, un albo come questo avrebbe davvero meritato l’onore di un frontespizio a tre ante.
Il mio consiglio è di dare assolutamente una chance a questo fumetto, non ve ne pentirete. It’s been a fun ride, Geoff! Thanks a lot!
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