Fornendomi un’involontaria sponda per la review di “Legion of Super-Heroes” (vol.VI) #4, il sito Bleeding Cool ha pubblicato, con un piccolo scoop, una lettera dai contenuti molto interessanti. Il testo, non firmato, è attribuibile pare al noto fumettista inglese Bryan Talbot, il quale, nel sintetizzare la sua opinione sull’odierna produzione DC e Marvel, avrebbe così commentato le fatiche dell’attuale sceneggiatore di “Fantastic Four” Jonathan Hickman:
There are writers out there who are supposed to be terrific — Jonathan Hickman gets raves, but […] I picked up the first issue of another series he did, and it confused the hell out of me, until I discovered that it brought together threads and mysteries from three other series without any explanation, simply assuming the reader was following other series, at which point I just stopped caring. I don’t want to have to read other series to know what’s going on, and I really don’t want to have to do it without a scorecard.
Ecco: la citazione di cui sopra – ed è ironico considerando che nel prosieguo della lettera viene nominato il “volume six” come esempio di eccellenza da parte di una major – esprime perfettamente quello che ho provato leggendo l’ultimo episodio, il quarto, della serie curata da Paul Levitz e Yilyiday Cinar.
La trama, come al solito frammentatissima, vede nel binario principale il salvataggio da parte della famiglia Ranzz dei più piccoli del clan, i due figlioletti di Saturn Girl e Lightning Lad, misteriosamente rapiti sulle pagine del #1.
Come anticipato dal cliffhanger del numero scorso, questa storyline riprende in qualche modo il maggior successo levitiziano sulla Legione, quella “Great Darkness Saga” finalmente in procinto di essere ristampata come si deve dalla DC Comics. La celebrata epica del 1980 vedeva il team di Superboy e soci opporsi al monolitico tiranno Darkseid, oscuro signore del decadente pianeta Apokolips; oggi invece – e qui sta il ponte tra il vecchio racconto e il nuovo – il Nuovo Dio creato da Jack Kirby è il mero oggetto della venerazione dei rapitori di Garridan e Graym, questi ultimi scelti come vittime sacrificali, o qualcosa del genere, in virtù di un precedente legame con il villain.
Tuttavia, nell’albo non si fa parola alcuna di quale sia questo legame, e non c’è spazio nemmeno per un minimo riferimento o flashback alla “Great Darkness Saga”. Il che, da un lato, può anche essere un bene, poichè favorisce la percezione della storia come indipendente dal castello barocco della continuity legionaria. Eppure, in questo caso una glossa era davvero indispensabile, se non altro per concedere ai nuovi lettori la possibilità di capire come mai la setta dei fedeli di Darkseid è così interessata a sequestrare proprio i due gemellini di Wynath.
Insomma, la mia opinione è che chiunque non fosse già più che esperto del team futuribile si troverebbe assai spaesato dalla sequenza sui Ranzz, che cade dal cielo totalmente deconstualizzata e profuma troppo di ipse dixit.
Per giunta, il tutto si conclude con una scena quantomai oscura nella quale, dopo un attacco telepatico di Saturn Girl, il leader della setta – del quale, per inciso, lo sceneggiatore non si degna di farci sapere neppure il nome – pare sgretolarsi come sabbia al vento: da quando in qua i poteri della titaniana hanno questi effetti? E perchè la legionaria non sembra porsi alcun dilemma morale di fronte al possibile assassinio di un essere umano, seppur malvagissimo? Ipse dixit anca chi.
Dal punto di vista grafico, però, la sequenza è davvero ben riuscita. Pur senza allontanarsi da topos visivi arcinoti – ma d’altronde dalla Legione di Levitz non è possibile aspettarsi altro – l’arte di Cinar rende magistralmente l’atmosfera di Avalon, il pianeta magico che fa da scenografia a questa fetta dell’episodio, col risultato di immagini molto potenti, che per certi versi rimandano a film cult come “Indiana Jones e il tempio maledetto”.
Complici forse proprio le convincenti visioni di Cinar, e nonostante le solite magagne nello script, posso comunque dirmi affascinato da questa nuova situazione narrativa. Il culto di Darkseid è come un folle morbo che si propaga, corrompendo il mondo come lo conoscevamo: ma questo virus è deformante o si limita forse svelare elementi che in realtà già riposavano sottotraccia? Per una volta, lasciarsi con un quesito in sospeso va più che bene.
Ma se Atene piange, Sparta non ride. Gli altri binari della storia proseguono con il solito ritmo da disco rotto, per cui ogni tanto è come se la testina saltasse sul piatto facendoci perdere qualche istante del flusso musicale. La cosa si percepisce soprattutto nella trama di Earth-Man, che ormai sta diventando quasi frustrante da seguire tanto l’autore l’ha sminuzzata e sintetizzata arbitrariamente.
Tra l’altro, i vari filoni del racconto sembrano così scollegati e isolati tra di loro che è difficile identificare un percorso generale della storia. Banalmente, come sottolinea anche Legion Abstract, se dovessi dare un titolo al futuro volume che raccoglierà il tutto, non saprei davvero cosa scegliere.
In definitiva, è impossibile negare che, nella messe delle attuali produzioni levitiziane, “Legion of Super-Heroes” costituisca senza dubbio la collana più leggibile e meglio supportata graficamente. È davvero l’ammiraglia, e una lettura tutto sommato amena. Ma finora la serie manca di spina dorsale, e soprattutto pare rivolgersi sempre più pesantemente ai soli aficionados. Al punto da generare possibili perplessità – secondo le logiche espresse in alto dal maestro Talbot – perfino negli addetti ai lavori. Possibile che alla DC non stia suonando neppure un campanello d’allarme?
Tags: Francis Portela, Jim Lee, Legion of Super-Heroes (vol.VI), Paul Levitz, Yildiray Cinar
per la cronaca: a quanto pare, la lettera citata da “bleeding cool” è stata scritta da kurt busiek. se ne parla qui: http://www.bleedingcool.com/2010/09/16/why-kurt-busiek-is-wrong-about-jonathan-hickmans-fantastic-four/