Non so se vi sia mai capitato di rivedere un vecchio zio dopo tanto tempo. Lo ricordavate arzillo e pieno di energia, quando da bambini giocava con voi prendendovi in braccio di peso come foste una piuma. Oggi, invece, è un dolce anziano sdentato, che vi sorride guardandovi con lo sguardo affaticato di chi vi riconosce, sì, ma con fatica. Sono momenti dolci e amari, questi, nei quali ci si può commuovere pensando al passato e allo scorrere del tempo, quel bastardo che si accanisce con alcuni più di altri senza mai spiegarcene il perchè.
Leggendo “Superman/Batman” #75 ho provato più o meno la stessa sensazione. Nei confronti dello sceneggiatore Paul Levitz.
L’ex President and Publisher DC ha ripreso da qualche mese la sua carriera di sceneggiatore, interrotta bruscamente circa vent’anni prima all’apice della popolarità. Purtroppo, le nuove opere dello scriba del New Jersey mi hanno finora lasciato molto freddo – e chi legge abitualmente le mie recensioni su questo blog lo sa bene. Tuttavia non c’è limite al peggio, e Levitz lo ha dimostrato proprio, a mio avviso, con “Superman/Batman” #75, un fumetto talmente brutto e raffazzonato da sembrare un pessimo scherzo.
Questo episodio della moderna erede di “World’s Finest”, che vorrebbe celebrare i tre quarti di centenario raggiunti dal lancio della collana nel 2003, si scontra a mio avviso con tre errori madornali, che vado di seguito ad analizzare.
Il primo, e più evidente, è che di fatto la storia – mi riferisco naturalmente alla feature principale, di Levitz e Ordway, e non alle brevissime backup d’appendice, realizzate da altri autori – vede Superman e Batman ridotti al ruolo di semplici comprimari del loro stesso titolo. Il kryptoniano compare sì e no in tre paginette, giusto il tempo di una figuraccia; il pipistrello ha maggiore screen time ma in compenso il suo apporto alla vicenda è forzato e quasi nullo. A sorpresa, il testimone da protagonisti è invece in mano a un’altra equipe di super-eroi: quella della Legione.
Certo, da ammiratore sfegatato del team futuribile sono ben contento del rilievo dato ai miei eroi preferiti dei comics, che dal loro rientro dal limbo editoriale stanno sperticandosi in numerosi camei. Ma dal momento che l’albo, per giunta d’anniversario, è intitolato ad altri personaggi, la cosa mi lascia comunque perplesso.
Ancora più folle, però, è la storia. Che, lasciatemelo dire, non ha alcun senso logico.
Un clone di Lex Luthor, creato nel futuro della Legione, torna indietro nel tempo per uccidere Superman. Giunto nel presente, trova subito l’azzurrone e lo massacra di legnate: la creatura è composta in parte di kryptonite e per questo ha gioco facile contro il paladino di Metropolis – o almeno così ci viene detto, visto che la sequenza della scazzottata tra i due forzuti è saltata a piè pari.
Per qualche ragione che non ci è dato di sapere, il clone abbandona un Superman morente ma ancora vivo e si reca in un passato ancora più remoto, nella Smallville di Superboy, per uccidere (?) l’Uomo del Domani anche, beh, ieri. Una volta stabilizzate, con l’aiuto di Batman, le condizioni cliniche di Kal-El nel presente, la Legione vola nel passato e ferma in qualche oscuro modo il mostro di kryptonite, per poi tornare a casa chiedendosi se la minaccia sia davvero svanita o se ci sia da aspettarsi l’arrivo di nuovi cloni. Fine.
Credo che il riassunto appena concluso, molto più fedele alla trama originale di quanto la mia ironia lasci sospettare, comunichi un’idea abbastanza chiara del totale nonsense di quest’albo. Anche sul fronte della storia, infatti, “Superman/Batman” #75 non si comporta come una consueta “special issue” autoconclusiva, ma si presenta piuttosto come uno dei capitoli di una saga più vasta. E la cui lettura pone più domande di una stagione di “Lost”. A cominciare dalla più ovvia: chi ha creato il clone di Luthor e perchè? E come mai il killer ha scelto proprio quei momenti storici per attaccare l’Uomo d’Acciaio, e non altri?
Tra l’altro, le prime tavole dell’episodio sono narrate come dalle pagine di un testo sacro di cultisti della figura di Luthor: chi è questa gente, di cui non si era mai sentito parlare, in cosa consiste questa presunta religione e perchè dovrebbe essere importante in questo contesto?
Purtroppo non credo che avremo mai la risposta a nessuna di queste domande: dopo un breve ciclo di quattro numeri, infatti, dal prossimo mese Levitz lascia il megafono di sceneggiatore titolare di questa collana al collega Judd Winick.
Ultimo punto dolente, lo svolgimento. La trama scorre velocissima, saltando spesso per ellissi dei momenti anche importanti, e mostrandoci di contro alcune scene del tutto inutili (vedi ad esempio la tavola sprecata a mostrare il “classico” Lex Luthor, del tutto estraneo al resto della vicenda, che passeggia in automobile). Sembra quasi di vedere uno di quei vecchi B-movie stile grindhouse, che spesso venivano proiettati nelle sale in maniera incompleta a causa dello smarrimento di qualche rullo di pellicola.
Rinnovo inoltre la mia critica, già espressa in precedenti recensioni, sull’uso delle didascalie da parte di Levitz. Teoricamente, questo tipo di box dovrebbe ospitare la voce narrante, per fornire alla storia maggiore coesione oltre che un punto di vista. Qui, invece, le didascalie sostituiscono i balloon di pensiero tipici del (compianto) comic book “de na vorta”. Ma la didascalia ha un ruolo molto diverso dal thought balloon, e il risultato di questa confusione è ovviamente un racconto disgregato anche sotto il profilo narrativo, che non fornisce al lettore un punto di visione stabile e coerente dall’inizio alla fine.
Inizio a pensare seriamente che, dopo essere stato trombato come dirigente dalla new wave di colletti bianchi di DC Entertainment, la cadrega di sceneggiatore sia stata per Levitz una specie di contentino, un riconoscimento ad honorem per i lunghi anni già spesi in azienda.
Ancora più triste che vedere sfiorire un vecchio zio, è scorgerne con gli occhi di un adulto le debolezze e i difetti più squallidi. Paul, dammi retta, guarda il video che segue, ascolta le parole del saggio Elio e impara una lezione di vita che evidentemente ancora ti sfugge: meglio lasciare il campo da gioco mentre il pubblico ha ancora una buona immagine di te.
Unico lato davvero positivo di questo agghiacciante racconto sono i disegni di un Jerry Ordway davvero in stato di grazia. Ecco, questo sì che è un artista che non pare mai invecchiare. Anzi, le sue ultime prove sembrano straordinariamente curate e convincenti, addirittura più di quelle di qualche anno fa. Grande Jerry, tu sì che sei un mito intramontabile, come la Coca Cola, Marylin e la Harley Davidson.
Tags: Batman, Jerry Ordway, Paul Levitz, Superman/Batman
From what I found out Superman/Batman #75 was the end of a 2 or 3 part story in this series. So there is parts missing from the story. Very lousy choice to star the conclusion of a story in a special issue. This should have been at least a one shot complete story in this issue.
i totally agree!
anyway, i had read the previous issues and i don’t think the connection between the first episodes and the (presumed) last one is made clear at all in the story. i think levitz takes too much for granted, and the worst thing is that this kind of (poor) writing is also starting to affect the proper legion book, as i’ll point out more thoroughly in my next review.
Also the way the quality of the art is so up and down, and the way the character styles can change so much between the Adventure Comics issues. It is hurting the series too.