Edicola legionaria: Adventure Comics (vol.III) #12 e #516

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Adventure Comics (vol.III) #12

Adventure Comics (vol.III) #12

Santo cielo! Il nuovo ciclo di “Adventure Comics” è a dir poco imbarazzante.

Seppure il vocabolo italiano per definire la cosiddetta nona arte sia lo stesso che traduce anche “balloon”, il fumetto è un linguaggio dove le parole non sono davvero necessarie.
Lo sottolinea tra gli altri Scott McCloud, nel suo celebre saggio Understanding Comics: per comporre un fumetto, l’importante è che sussista una sequenza deliberata tra due o più immagini statiche, punto. Certo, queste immagini giustapposte potrebbero essere semplici parole – in questo senso, balza alla mente l’esperimento eseguito da John Byrne nello storico “Alpha Flight” (vol. I) #6, della Marvel Comics – ma anche no.

Il disegno, inteso soprattutto nei termini cinematografici di resa registica e di abilità nel comunicare la recitazione dei personaggi di carta, è dunque un pilastro centrale delle basi del fumetto, anzi direi forse il più importante.
Proseguendo il parallelo con il mondo della celluloide, si potrebbe dire che, similmente a quanto accade nei comics, anche al cinema la miglior sceneggiatura non potrà mai brillare senza il supporto di un’adeguata trasposizione visiva. Pensate a come sarebbe stata una pellicola come “Il Padrino”, per citare un titolo tanto noto quanto elevato, senza la visione di Francis Ford Coppola o senza le indimenticabili maschere di Marlon Brando e Al Pacino nel cast.

Ecco, i primi due episodi di “Adventure Comics” scritti da Paul Levitz hanno proprio il sapore di script affidati al peggior regista e agli attori più cani sulla piazza: oh no, “Il Padrino” con Vaporidis no!
Dei difetti del penciler, Kevin Sharpe, avevo già scritto diffusamente in questo articolo, basato sulla sola anteprima del #12; oggi, a fronte della lettura di due interi racconti stuprati dalla matita di questo incapace, non posso che ribadire la mia analisi di allora – errori nelle anatomie e nelle proporzioni, assenza di sfondi, layout osceni – che anzi all’occorrenza potrei addirittura arricchire con decine di nuovi aneddoti.
Sul piano dello storytelling, il più carente, mi è rimasto particolarmente impresso come Sharpe non sia riuscito neppure a sostenere la banale gag tra Saturn Girl e Brainiac 5 a tavola 4, sbagliandone completamente il “ritmo”. Anche nel fumetto, come si verifica per gli attori in carne ed ossa, i tempi comici sono fondamentali – chiedete a qualsiasi autore di strip umoristiche – e il fatto che il disegnatore non abbia saputo gestire questo aspetto della narrazione mi lascia quasi il sospetto che non abbia capito la battuta.
In generale, comunque, è difficile trovare una tavola che si salvi: quasi sempre, il pathos e la potenza delle scene sono rovinati da una messa in scena, ehm, poco accattivante. Che il bullpen DC abbia iniziato il reclutamento coatto dei penciler per strada, tra i passanti pescati a passeggiare di fronte agli uffici dell’editore newyorkese? Aspiranti autori, consolatevi: per trovare lavoro ormai vi bastano solo un paio di scarpe comode!

Adventure Comics (vol.III) #516

Adventure Comics (vol.III) #516

Riguardo agli script, questi sono martoriati a tal punto dagli scarsi disegni da divenire, a mio avviso, ingiudicabili.
I due albi danno il la a una successione di storie ambientate nel passato della Legione. Nella prima, Superboy si gode un pomeriggio d’avventura con gli amici della Legione, levandosi alcuni sfizi che gli sono negati nella Smallville del suo presente; nella seconda, il defunto mecenate del team futuribile, R. J. Brande, svela in qualche modo ai legionari adulti il rocambolesco diario delle sue origini.
In entrambi i casi si tratta di racconti davvero leggeri, ai limiti dell’impalpabile, che per taglio e atmosfera potrebbero richiamare le vicende del Ragazzo d’Acciaio degli anni Settanta e Ottanta, comics con poche pretese se non quella di concedere ai propri lettori qualche minuto di relax a spina staccata.
Probabilmente, se corredate da disegni decenti e magari addirittura belli, perfino delle sceneggiature modeste come queste di Levitz avrebbero potuto sorprendere in positivo, facendo leva sulla loro semplicità e sulla grandeur fantastica delle situazioni rappresentate. Come già avviene a moltissimi titoli ai vertici della classifica Diamond, con in testa le opere del “fan favorite” Jeph Loeb (“Hulk”, “New Ultimates”).
Piuttosto verrebbe da chiedersi come la DC possa aspettarsi da questa parentesi retrospettiva di “Adventure Comics”, con il suo make-up così marcatamente “old school”, che affascini nuovi lettori, il target al quale la collana vorrebbe rivolgersi con la sua natura di propedeutica alla Legione. Un bel mistero! A questo punto, chissà che non sia vera la voce che vorrebbe l’editor della serie, il lucido Brian Cunningham, futuro ministro dei trasporti: pare che il suo piano per il rilancio en masse dell’industria automobilista americana passi per il ritorno in produzione della classica Studebaker, così come la ricordavamo. D’oh!

In sostanza, una lettura sconsigliata a tutti i livelli. Ai novizi, mai mi sentirei di proporre un fumetto così mal disegnato, se non per rinfrancare l’ego di eventuali disegnatori in erba. Allo zoccolo duro, meglio non macchiare il ricordo di “Adventure Comics” come un franchise glorioso e legato a periodi più felici del comicdom. A chi volesse semplicemente un buon passatempo da portare in spiaggia, infine, decisamente meglio “La Settimana Enigmistica”: almeno lì i fumetti sono ancora selezionati con gusto.

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2 Responses to “Edicola legionaria: Adventure Comics (vol.III) #12 e #516”

  1. Magico scrive:

    I disegni di sto tizio (ma da dove lo hanno pescato?) sono davvero penosi, sembrano fatti da un bambino di 10 anni.
    Non riesco proprio a capire come nessun editor se ne sia accorto :(

  2. Mr. Kayak scrive:

    sto seriamente pensando di scrivere una lettera all’editor americano… so già che mi riderà dietro, ma almeno mi sarò tolto il sassolino dalla scarpa.