ReLegion Class 2: Adventure Comics (vol.I) #267

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Adventure Comics (vol.I) #267

Adventure Comics (vol.I) #267
Dicembre 1959

Copertina di Curt Swan (matite), Stan Kaye (chine)
Lettering di copertina: Ira Schnapp

Titolo: “Prisoner of the Super-Heroes
Soggetto: Mort Weisinger, Jerry Siegel
Sceneggiatura: Jerry Siegel
Editor: Mort Weisinger
Disegni: George Papp (matite e chine)
Lettering: Joe Letterese

Prima edizione italiana: Albi del Falco #221, Mondadori, Luglio 1960
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1959. È trascorso più di un anno dall’esordio della Legione sulle pagine di “Adventure Comics” (vol. I) #247, in quella che avrebbe dovuto essere una goccia come tante nel mare delle avventure di Superboy. Il fatto che le cose siano andate diversamente è da imputare in primo luogo all’alba di una nuova, potente variabile nel mondo dei comics: quella del fandom.

Tra le peculiarità della gestione editoriale di Mort Weisinger, direttore delle testate dell’Uomo d’Acciaio a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, una delle più distintive riguarda l’evoluzione del rapporto con l’audience.
Weisinger è sempre stato molto attento a comprendere ed assecondare le inclinazioni del pubblico. Vuole la leggenda che l’editor usasse addirittura tenere appese in ufficio le copertine degli albi da lui curati negli ultimi due anni, ognuna accostata ai rispettivi dati di vendita: era quella, per Mort, la durata media del “ciclo vitale” di un lettore, trascorsa la quale riteneva accettabile il riciclo dei gimmick che, incassi alla mano, avevano dimostrato maggior appeal.
Ma il contatto tra Weisinger e i giovani aficionados non si limitava al solo conteggio dei resi delle edicole. Alla costante ricerca di feedback, il supervisore amava anche tastare il polso agli appassionati in carne ed ossa. A cominciare dai ragazzi del suo quartiere, che egli coinvolgeva spesso in lunghe chiacchierate “strategiche”, un po’ per gioco e un po’ alla ricerca di intuizioni “grezze” da rubare (si accese così, ad esempio, l’idea di dedicare testate ad hoc a Lois Lane e Jimmy Olsen).
Soprattutto, lo scambio di opinioni avveniva all’interno delle pagine della posta, in un clima di interattività tra autori e lettori del tutto inedito. Fu quello l’habitat favorevole alla nascita delle prime fanzine a tema supereroico: d’altronde, a suo tempo, lo stesso Mort era stato tra i fondatori, con l’amico d’infanzia e futuro successore Julius Schwartz, di una delle prime fanzine della Storia, “The Time Traveler” (1931), dedicata alla fantascienza da pulp magazine.

Solleticato dall’insolita mole di lettere invocanti il ritorno del club di Cosmic Boy, Saturn Girl e Lightning Boy, Weisinger decide così di dare una seconda opportunità all’equipe futuribile: non avrebbe avuto di che pentirsene.
L’onere della sceneggiatura tocca a Jerry Siegel. Nonostante le enciclopedie siano costrette a segnalare tra i papà della Legione il nome di Otto Binder, l’apporto del co-creatore di Superman è stato ancora più importante. Nel corso delle mie riletture, l’opera di Binder ricorrerà ben poco: al vulcanico Siegel, viceversa, dobbiamo gran parte dei volti e del sapore del setting legionario.
La parte grafica è affidata invece a George Papp, già co-creatore con Weisinger dei personaggi di Freccia Verde e Congorilla. Penciler dal tratto pulito e riconoscibile, Papp è stato per circa una decade una delle principali matite del serial di Superboy, ruolo di prestigio mantenuto fino al 1968. Nel corso della sua carriera, l’artista si è quindi ritrovato ciclicamente a dipingere gli eroi della Legione, definendo (e talvolta aggiornando) il look Silver Age di molti membri del gruppo. In questo stesso episodio, l’abbigliamento dei tre viaggiatori dal futuro è molto diverso rispetto a quanto visto nel #247, illustrato da Al Plastino: delle due versioni, a standardizzarsi nel guardaroba ufficiale sarà quella della maison Papp, a tratti reminiscente dei costumi del “Flash Gordon” di Alex Raymond.
Un’altra modifica altrettanto importante riguarda l’alter ego di Garth Ranzz, d’ora in poi chiamato Lightning Lad piuttosto che Lightning Boy. Dietro a questa alliterazione, non solo ragioni fonetiche: con molta probabilità si tratta di farina del sacco di Mort Weisinger, propugnatore dell’inside joke delle iniziali “L. L.” che ancora oggi distinguono alcuni comprimari chiave del pantheon dell’azzurrone (vedi i casi di Lois Lane, Lex Luthor, Lana Lang, ecc).

Confronto tra due edizioni della stessa tavola: a destra, la versione originale; a sinistra, quella italiana, da "Albi del Falco" 221

Confronto tra due edizioni della stessa tavola: a destra, la versione originale; a sinistra, quella italiana, da "Albi del Falco" 221

La trama ricalca, per certi versi, quella della volta precedente. In fondo, è la logica dei sequel: il secondo capitolo, quasi sempre, non è che una riproposizione arricchita del primo.
Per chiarezza, andiamo a ripercorrere brevemente la trama dell’albo del 1958. I tre legionari, dopo essersi presentati con uno scherzo a un ignaro Clark Kent, avevano condotto il giovane alieno nella Smallville del futuro, un luogo straordinario e ben più congeniale al Ragazzo d’Acciaio rispetto alla “antenata” del DC Universe contemporaneo. Laggiù, la leggendaria moralità dell’eroe in rosso e blu era stata messa alla prova dai tre crononauti, che nel constatarne la bontà avevano finito a loro volta con l’essere beffati ironicamente da Kal-El.

In questa nuova avventura, Saturn Girl e soci tornano in scena giocando un altro brutto tiro al povero Superboy. I tre, dimostrandosi più svelti e capaci di lui nel risolvere un filotto di crisi, sembrano aver sostituito il paladino di Smallville nel cuore dei suoi concittadini. Abbandonato dai suoi stessi genitori adottivi e persino dal fido cane Krypto, un Clark sconsolato si carica così il proverbiale fagotto sulle spalle e abbandona, in lacrime, la Terra.
Nello spazio, l’addolorato esule avvista uno stormo di super-uomini, tutti diretti verso la stessa destinazione: incuriosito, il kryptoniano li segue, alla volta di un pianeta… interamente dedicato a lui! Purtroppo, al di là delle apparenze, la capitale “Superboy City” non riserva un’accoglienza amichevole al suo solitario eponimo: a governare la città sono gli stessi legionari, che imprigionano l’incredulo Kal-El in una cella di kryptonite.
Naturalmente è tutta colpa di un momentaneo equivoco, i cui dettagli preferisco non svelare a chi non avesse ancora letto la storia. Non credo di rovinare la sorpresa a nessuno aggiungendo solo che, nel finale, il “Superboy Planet” tornerà alla funzione prevista in origine dai suoi demiurghi, Cosmic Boy, Saturn Girl e Lightning Lad: quella di una sentita celebrazione del Ragazzo d’Acciaio.

Albi del Falco #221 (Mondadori)

Albi del Falco #221 (Mondadori)

La struttura dei due script presenta chiare analogie. In entrambi i racconti, la Legione incarna per l’alter-ego di Clark Kent la porta verso un mondo diverso: uno che, al contrario delle ordinarie campagne del Kansas, può sostenere le diversità del giovane cittadino di Smallville.
Il dramma di essere l’ultimo figlio di Krypton (nella continuity del DC Universe di allora, Kara Zor-El raggiungerà il cugino solo molti anni più tardi) non si limita alla di per sè dolorosa perdita delle radici, ma include un altrettanto frustrante autolimite: quello di non poter condividere con altri molti degli aspetti più salienti della propria vita.
Non è semplice chiarire al meglio una circostanza del genere, che può mostrarsi di ardua immedesimazione; bisognerebbe forse ricondurla a un contesto più tangibile. Usando una certa astrazione, si potrebbe ricorrere a un esempio, per certi versi speculare, offertoci drammaticamente dalla realtà del quotidiano, quello del rapporto con persone portatrici di disabilità sensoriali: maggiore è la distanza nelle condizioni della percezione, maggiore la difficoltà di comunicare e, spesso, di relazionarsi.
Sia nel XXX secolo che sul “Superboy Planet”, dove viene festeggiato pubblicamente anche dai genitori, le cose sono però molto diverse per il giovane super-eroe. In quei luoghi, Kal-El è finalmente sollevato dal problema di celare la sua identità di ubermensch. E, soprattutto, è libero di essere se stesso, completato dal rapporto con persone “sue pari”: la Legione rappresenta per Clark il primo incontro con amici che possano comprendere sia i suoi sentimenti di adolescente che la medesima visione privilegiata del mondo.
Come accade per ogni eroe di caratura mitologica, però, un tale sollievo spirituale deve essere bilanciato da un giusto prezzo. Così è anche per il novello Ercole della DC: la fiducia da parte dei legionari è subordinata al superamento di alcune dure prove. Una vera e propria “tapeinosis”, che il nostro supera grazie all’umiltà dalla quale trae la forza di spirito che lo contraddistingue tra le icone eterne della nona arte.
Nella scorsa puntata di questa rubrica, accennavo alla discordanza di toni tra le avventure di Superboy e quelle della sua controparte adulta, marcata da una vena di malinconia molto più profonda: questo episodio ne è l’ennesimo esempio. Superman non potrà più godere di istanti di libertà come quelli trascorsi da giovane con la Legione; nemmeno all’interno della celebre Fortezza della Solitudine, nella quale, pur isolato dal resto della società, l’azzurrone è comunque portato a rispettare la dicotomia tra il suo “io” kryptoniano e la “maschera” di Clark Kent.

Un commento finale, ahimè poco positivo, va riservato alla sceneggiatura in sè. Questa volta, appellarsi allo spirito leggero dei comics escapisti della Silver Age non basta a giustificare gli aspetti insoddisfacenti della trama, piuttosto debole e inutilmente complessa, che procede in maniera scattosa e per giunta tratteggia tutti i protagonisti con una certa dose di antipatia.
Alcune sequenze, però, spiccano ancora oggi per la loro straordinaria potenza visiva: di fronte a un loro eventuale corrispettivo cinematografico, ci sarebbe davvero da rimanere a bocca aperta. Alla faccia degli strapagati cervelli di Hollywood, che anche nell’era della computer graphic stentano spesso a far fruttare i milioni di dollari spesi in effetti speciali: negli adulti come nei bambini, la fantasia è stuzzicata dalle difficoltà e diluita dall’imbarazzo della scelta.

Confronto tra due edizioni della stessa tavola: a destra, la versione originale; a sinistra, quella italiana, da "Albi del Falco" 221

Confronto tra due edizioni della stessa tavola: a destra, la versione originale; a sinistra, quella italiana, da "Albi del Falco" 221

Per concludere, vorrei dedicare qualche nota all’edizione italiana di questi reperti iniziali del mito legionario. La Legione dei Super-Eroi è stato il primo super-gruppo a fumetti a fare capolino nelle edicole del Belpaese: l’esordio, datato luglio 1960, avvenne proprio con il racconto che ho appena commentato, presentato dal prestigioso marchio Mondadori sul #221 degli “Albi del Falco”. Per assistere alla prima avventura del team, pubblicata nel #332 della stessa collana, i lettori dell’epoca dovettero tuttavia aspettare fino all’anno successivo!
Questa curiosità rappresenta solo la punta dell’iceberg per quanto riguarda la leggendaria “cura” riservata ai comics da parte della publishing house milanese, licenziataria dei diritti di Superman e soci dal 1954 al 1970. Oggi, messa da parte l’inevitabile nostalgia, il ricordo del lungo regno Mondadori/DC suscita nei fan soprattutto un ilare imbarazzo: tra i numerosi punti dolenti dell’epoca, la casualità quasi totale nell’ordinamento delle storie, la scarsa coerenza delle traduzioni e, soprattutto, il totale stravolgimento di nomi e aspetto di alcuni protagonisti (l’Uomo d’Acciaio, ad esempio, era stato ribattezzato “Nembo Kid“, con conseguente modifica dell’emblema con la “S” in ogni sua istanza grafica).
In realtà, le storie della DC Silver Age erano quasi sempre autoconclusive e raramente richiedevano di essere fruite in una determinata sequenza. Ciò nondimeno si può affermare che, in questo panorama, il serial della Legione costituisse la proverbiale eccezione che conferma la regola, specie a partire dal lungo ciclo di episodi sceneggiato da Jim Shooter (1965): chissà che la scintilla dell’atavica freddezza dei lettori italiani nei confronti del franchise futuribile non sia da attribuire proprio a questo vero e proprio “caos primordiale”.

Un’altra caratteristica tipica degli “Albi del Falco” era il formato. Le misure dello storico settimanale (12.5×18.7 cm), che alternava inserti a colori e in bianco e nero, erano molto diverse rispetto a quelle dei comic books coevi, ben più estesi (17.5×25.5 cm circa).
Come già riportato su Glamazonia da Marcello Vaccari, tale scelta tipografica dipendeva dall’esigenza di distribuire le spese fisse (taglio, confezione) tra questa collana e un’altra diffusa pubblicazione Mondadori di allora, “Gli Albi della Rosa”, che raccoglieva materiale Disney. In questo modo, il prezzo dei due titoli poteva essere più competitivo, mantenendosi inizialmente ad appena 20 lire.
Ciò che non appare evidente dai dati secchi che ho appena elencato, ma che risulta più chiaro osservando i collage digitali a corredo di questo articolo, è che la differenza di proporzioni tra le due edizioni non si limitava a un mero rapporto scalare. A separare ulteriormente i due formati, un’altra fondamentale diversità: quella nel rapporto tra base e altezza delle tavole.
Rispetto ai floppies statunitensi, infatti, le pagine degli “Albi del Falco” erano più sviluppate in verticale: questo concedeva ai grafici Mondadori di guadagnare spazio per il testo, che per ragioni di leggibilità non poteva certo essere costretto nelle stesse aree previste per il lettering originale, troppo limitate dalla riduzione in scala (per una dimostrazione pratica di ciò che intendo, rimando nuovamente alle immagini in alto).

A noi lettori moderni, abituati anche grazie alla rete a confrontare la fedeltà della versione nostrana rispetto a quella originale, certe manipolazioni di testo ed immagini appaiono più che mai assurde e inaccettabili. Sta di fatto che la lunga parentesi della Mondadori risulta ancora oggi la gestione più lunga (al pari di quella Play Press, 1990 – 2006) e di maggior successo dei personaggi DC in Italia.

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Prossimamente: Girl Power! Fino ad ora la scena è stata dominata dai maschietti: nella prossima puntata, finalmente, la Legione reclamerà le sue legittime “quote rosa”! Entra in scena Supergirl: e se la Ragazza d’Acciaio, oltre ad alcune amiche molto speciali, trovasse nel XXX secolo anche… l’amore?

P.S. Come sempre, grazie mille a Paolo D’Alessandro per la supervisione all’articolo. LLL!

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One Response to “ReLegion Class 2: Adventure Comics (vol.I) #267”

  1. Magico scrive:

    Ottimo articolo, come il primo.
    Vale davvero la pena di aspettarne l’uscita!!!
    Quando ne avrai un po’ potresti farci un libro 😉