Lettera aperta a Paul Levitz

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Un imbarazzato Paul Levitz in posa con un cosplayer di Timber Wolf

Un imbarazzato Paul Levitz in posa con un cosplayer di Timber Wolf

Dear Paul,

e così, dopo vent’anni esatti, sei tornato nel tunnel. Quello che sbuca dritto dritto nella Metropolis del lontano XXXI° secolo. Là, dove vive le proprie esaltanti avventure la Legione dei Super-Eroi.
È un mondo che a te deve molto. Con le tue indimenticabili storie, uscite a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta, hai saputo arricchirlo di idee e di concetti che ancora oggi brillano per ignegno e potenza visionaria.
Mi deprime che la “tua” DC non abbia saputo ristampare in volume che una minima parte di quei classici: nel tuo caso, caro il mio ex President and Publisher, si può dire che la carenza di immodestia possa essere considerata un difetto.

Una cosa che mi colpisce del tuo mestiere di autore, le cui meccaniche hai accennato nel corso di alcune interviste, è l’approccio cerebrale, ragionato. Ma non per questo freddo, che le tue opere non mancano certo di cuore e di pathos.
Facendo appello a questa tua speciale lucidità, non posso fare a meno di scriverti una lettera, per sussurrarti alcune timide considerazioni sul futuro di “Adventure Comics”. E di quei suoi protagonisti futuribili attorno ai quali orbita gran parte della mia passione per la nona arte.

Quello della Legione è un concept ingiustamente sottovalutato dai piani alti della DC. In primis, perchè ha un alto fattore additivo: “effetto Pokemon”, direbbero oggi. Ma soprattutto perchè le sue premesse sono oggi a dir poco attualissime: un gruppo di ragazzi provenienti da pianeti diversi si riuniscono attorno a un comune sogno di uguaglianza. C’è materiale di stretta rilevanza contemporanea, qui, un profondo discorso sull’integrazione e sul pregiudizio.
In tempi come questi, macchiati da un abisso di ideali specie nelle nuove generazioni, la Legione dei Super-Eroi propone valori positivi e un senso mutualistico di aggregazione e appartenenza. Senza per questo inciampare, però, nella retorica paludata, perchè i legionari sono ragazzi tutto sommato semplici, umani, facili all’amore e al sentimento.

Legion of Super-Heroes (vol.II) #290

Legion of Super-Heroes (vol.II) #290

Eppure, purtroppo, poco di tutto questo si è affacciato negli ultimi anni nei comics di Saturn Girl e soci. Dalla “generazione MTV” di Mark Waid, rappresentata con distacco ed acide pennellate dagli occhi di un papà incapace di relazionarsi con i figli, al pastiche per iniziati di Geoff Johns, (obbligato?) incubo di continuity con poca sostanza.
Complici svariati “reboot”, il già sguarnito carnet dei lettori DC si è sempre più disamorato della Legione dei Super-Eroi, ormai bollata quasi unanimemente come un piatto per soli nostalgici.

Diciamocelo chiaramente, Paul. Il tuo ritorno sul luogo del delitto sarà senz’altro considerato dai fan perduti come un incentivo a riscoprire la sopita passione legionaria, ma rischia di appesantire ancora di più il grave pregiudizio di cui sopra. Dalle mie parti si direbbe: “una minestra riscaldata”. Un autore “vecchio” (stilisticamente) su una serie “vecchia”. Beninteso, io non la penso così, faccio semplicemente da ambasciatore a quello che temo possa essere un pensiero comune ad una buona massa di lettori.

Il compito che stai per intraprendere, Paul, è quindi molto arduo. E lo sai. Sempre che, naturalmente, l’editore non si accontenti di una collana che vivacchi sulle spalle del ritrovato zoccolo duro di aficionados. In quel caso, una pigra terapia di “nerdate” alla Johns sarebbe sufficiente. Minimo sindacale.
Ma ai tempi d’oro del “volume II”, e soprattutto nella serie successiva, editata da Karen Berger, non ti sei mai accontentato della via breve, della facile strizzata d’occhio, raffinando sempre più il tiro verso una scrittura corposa, matura e per tutti.
Di fronte a gaffe come “La morte di Superboy”, il velenoso pedaggio pagato dalla Legione a “Crisis on Infinite Earths”, sei riuscito a far procedere la trama senza fossilizzarti sul “continuity porn”, evitando gli spunti sterili. Giungendo perfino a realizzare, da quello sfortunato gimmick, due veri e propri gioielli come la saga di Sensor Girl e la mitica “Life and death and the end of time”.
Mi auguro che questa indole non sia stata atrofizzata (anche in te!) dalla nascita del ghetto direct market. Per risollevare le sorti della Legione, c’è bisogno ancora oggi di quella stessa creatività di allora, autonoma e carica di dignità.

Legion of Super-Heroes (vol.III) #50

Legion of Super-Heroes (vol.III) #50

Trovo che un altro, atavico, errore di molti autori di comics sia quello di abbandonarsi troppo spesso allo stereotipo di un target immaginario ed irreale. Specie superati gli “-anta”, ci si rivolge con svogliatezza a un’ipotetica gioventù informe e senza contesto, con risultati che spesso rasentano un amaro patetismo.
Parla di quello che ti preme oggi, Paul. Se racconti una storia onesta e sentita, arriverà a segno. Basta che non ti scordi di metterci qualche esplosione ogni tanto.

Ma soprattutto, per favore, basta con questa insalubre umiltà. Inizia a far pesare il tuo ruolo di consulente e la tua autorità di figura rispettata in ogni angolo degli uffici DC Comics. Premi per una importante promozione ad “Adventure Comics”. Premi per avere un artista di grido. Premi per la ristampa delle storie degli anni Settanta e Ottanta (al contrario di quanto hai fatto con gli Archivi della Legione, mannaggiattè). Santo cielo, premi!
E chissà che, in futuro, la neonata DC Entertainment non finisca per ricordarsi anche dell’esistenza di questi personaggi, per sfruttarli in qualche spin-off extra mediale. Non guasterebbe.

Mi permetto di concludere con una chiosa forse un po’ invadente ma che spero tu sappia cogliere con il giusto spirito.
Posso immaginare che, nell’enfasi del revival, il pensiero di riformare il duo con Keith Giffen ti sia di certo balenato in mente. Se è così, ti prego, non farlo.
Nel corso della sua lunga gestione in solitario delle avventure della Legione, Giffen è stato artefice di un ciclo denso e ricco di idee, sì, ma caratterizzato in negativo da un approccio “anale” e morboso nei confronti dei personaggi e della continuity. Se oggi il franchise è snobbato dalla maggioranza dei lettori è anche per la fama di property “autoreferenziale” accumulata a partire da quegli anni.
Senza contare che ultimamente i lavori di Giffen sono quasi sempre stati, a mio modesto avviso, delle marchette poco ispirate. È difficile restare per sempre il “ragazzaccio” geniale e iconoclasta; com’era inevitabile, Giffen è diventato a sua volta un parruccone, uno scrittore omologato con tanta professionalità ma poca verve.
Ti immagino storcere il naso, in spontanea difesa dell’amico Kieth. Lascia stare, ti prego, perchè non voglio offendere nessuno. Ancora una volta, mi rivolgo al tuo lato più razionale (insomma, prendi e porta a casa).

Sono felice che tu sia di nuovo a bordo, Paul. La tua è una scommessa: ti auguro di cuore di sbancarla.

Best wishes,

Fabio Graziano

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One Response to “Lettera aperta a Paul Levitz”

  1. The Daxman scrive:

    Bellissima lettera. Non ho nulla da commentare se non nel dire che sono completamente d’accordo. 😉