Alan Moore: e se dopo Watchmen… la Legione?

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Alan Moore

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Dopo una lunghissima gestazione, esce oggi nelle sale cinematografiche italiane l’atteso Watchmen, lungometraggio ispirato alla celebre miniserie DC Comics realizzata tra il 1986 e l’87 da Alan Moore e Dave Gibbons. E, personalmente, non credo che vorrò mai vedere questa pellicola.
L’opera originale, la cui lettura è decisamente consigliata dal sottoscritto anche a chi non leggesse comics d’abitudine, è strutturata in modo da dipendere a tal punto dalla gestalt del medium fumetto da rendere secondo me fallimentare a prescindere qualsiasi tentativo di trasposizione in altre forme. Un film che volesse ridurre una struttura del genere non potrebbe che essere paragonabile, a mio avviso, a una mostra fotografica di libri braille: nella conversione dal tattile al visivo, sarebbe inevitabile la perdita di tratti di fondamentale complessità dell’oggetto originale.
Volendo dirla con un esempio terra terra, Watchmen è un po’ come i telefilm del tenente Colombo, il simpatico investigatore intepretato da Peter Falk. In ogni episodio di quel serial, lo spettatore viene messo a conoscenza dell’identità dell’assassino di turno fin dal principio. Il bello sta quindi nell’osservare il meccanismo dell’indagine, il modo in cui il killer viene lentamente incastrato da parte dell’astuto Colombo. La graphic novel di Moore e Gibbons è un po’ così: la trama è stupenda, avvincente e ricchissima di spunti, sì, ma è il modo in cui questa si dipana a fare di Watchmen un vero capolavoro, attraverso una narrazione per livelli sovrapposti, testuali e visivi, come solo il fumetto avrebbe potuto concedere. Per cui, in sintesi, proprio non mi importa di vedere un riassunto della trama di Moore ma recitato da attori in carne ed ossa. La vivrei come una perdita di tempo. Ma questa è solo la mia opinione.
Per i più curiosi, in ogni caso, segnalo questa succosa recensione in anteprima, redatta da Dario Beretta per il sito-madre di questo blog, il mirabolante Glamazonia.

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Sì, ma cosa c’entrano Rorschach, il Dottor Manhattan e compagnia bella con la Legione dei Super-Eroi? Il legame è evidente nel palmares degli autori di Watchmen, che hanno entrambi lavorato almeno una volta, nel corso della loro lunga carriera, sulla serie oggetto di studio di questo sito.
Gibbons, ad esempio, ha illustrato nel 1983 una delle storie chiave della continuity di quegli anni, quella del matrimonio tra la Principessa Projectra e Karate Kid. Il lungo episodio, sceneggiato da Paul Levitz, è edito su Legion of Super-Heroes (vol.II) annual #2. Meno fulgida, invece, la backup story del 2005 su Legion of Super-Heroes (vol.V) #4, realizzata su testi di Mark Waid, dalle matite piuttosto svogliate e frettolose.
Moore, invece, ha giocato con i legionari in una sola occasione che io ricordi, ma una coi fiocchi. Mi riferisco all’apparizione sulle pagine di Superman (vol.I) #423 (1986), primo capitolo dell’ultima, indimenticabile avventura dell’Uomo d’Acciaio della Silver Age: “Whatever happened to the Man of Tomorrow?”. La lunga sequenza con la Legion, strappalacrime, si rivela peraltro fondamentale alla risoluzione finale del formidabile racconto. I disegni, in questo caso, sono curati in tandem nientemeno che da due tra i più influenti architetti dell’immaginario visivo transgenerazionale dei lettori DC Comics, Curt Swan e George Pérez.

Una cosa che forse non tutti sanno è quanto Alan Moore sia davvero, o almeno così pare, un appassionato amante della Legione! Come, a onor del vero, di tutta la galassia del Superman degli anni Cinquanta e Sessanta. A dimostrarlo, oltre al succitato racconto dell’86, è la saga meta-fumettistica del “supermaneide” Supreme (1996), all’interno del cui pantheon di comprimari spicca La Lega dell’Infinito, gruppo di non celata ispirazione legionaria.
Purtroppo, la League of Infinity è quanto di più vicino a un’ulteriore rappresentazione degli eroi DC del 31esimo secolo sarà mai possibile sperare da parte del Bardo di Northampton. Eppure nel 1987, poco dopo la conclusione di Watchmen, Moore è stato a un passo dal coinvolgere la Legione in un progetto da lui stesso concepito, un company crossover intitolato “Twilight of the Super-Heroes“. Una saga epica e sconvolgente che, purtroppo, non ha mai visto la luce.
Ma qual era il tema di “Twilight”? E quale sarebbe stato il ruolo della Legion all’interno di questo evento? Per saperlo, cliccate sul link qui di seguito e proseguite la lettura del post!

L’idea di base di “Twilight of the Super-Heroes” è per certi versi già nota agli aficionados DC Comics. E’ stata infatti ripresa, per sommi capi, da Mark Waid e Alex Ross, che nel 1996 ne hanno utilizzato i principi di base nel concepire la miniserie “Kingdom Come” (in Italia, “Venga il tuo regno”). Per esigenze commerciali, serial come quelli dei super-eroi mainstream DC e Marvel sono inevitabilmente destinati a proseguire in modo indefinito, senza mai raggiungere un traguardo vero e proprio. Questo aspetto, quello della mancanza di un “finale” anche solo accennato come possibile prospettiva futura, cozza ideologicamente con il ruolo di “miti” e “leggende” moderni che, di fatto, personaggi iconici come Superman e Batman sono venuti a ricoprire nel panorama culturale masscult. L’obiettivo dell’epica imbastita da Moore, inizialmente accantonato dall’editore ma infine realizzato in parte proprio con “Kingdom Come”, è dunque quello di proporre ai lettori un possibile “ragnarok” supereroico, per completare la simbolica ascesa nell’Olimpo da parte degli eroi DC.

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Naturalmente, quello proposto da “Twilight” non poteva incarnare un futuro “definitivo”, ma solo uno “possibile”. Al di là delle beghe di continuiy, però, il motore del pathos non sarebbero stati tanto gli eventi descritti, quanto la potenza metaforica del discorso affrontato sui singoli personaggi e sul loro percorso personale. Allo stesso modo in cui, nel vicino 1986, Frank Miller era stato in grado di rileggere lo scheletro stesso del mito di Batman nel futuro distopico di “The Dark Knight returns”.
Ma come giustificare narrativamente la realtà parallela di “Twilight”, soprattutto alla luce del repulisti avvenuto, con la saga Crisis on Infinite Earths (1985-86), proprio nei confronti di questo genere di gimmick?
E’ in questo esatto frangente che Moore inserisce nella storia la Legione dei Super-Eroi, che sarebbe stata protagonista del prologo all’intera vicenda.

Riassumendo l’intricato plot mooriano, alcuni membri della Legione avrebbero dovuto recarsi fisicamente all’interno del flusso temporale, per indagarne i nuovi limiti e caratteristiche post-Crisis. Nel corso di questa ricognizione, però, il gruppo di volontari sarebbe rimasto vittima di una trappola ordita dal Cacciatore del Tempo (Time Trapper), loro storico avversario. Il Cacciatore, maestro manipolatore dello spazio-tempo, avrebbe imprigionato gli eroi all’interno di una “tasca” temporale delimitata da due barriere, capaci di impedire ai crono-viaggiatori di spostarsi oltre un determinato segmento storico. Diciamo, che ne so, dal 1990 al 2010. La presenza di una simile “diga” nel fiume del tempo avrebbe generato una sorta di “zona franca”, all’interno della quale sarebbero state possibili, come una sorta di effetto collaterale, infinite “deviazioni” e possibilità narrative.
Da queste basi avrebbe preso il via l’intera vicenda di “Twilight”, un “Crepuscolo dei Super-Eroi” dai toni wagneriani che si sarebbe quindi svolto proprio all’interno di quella “fetta” matta di futuro.
E’ fondamentale aggiungere che, anche dopo l’inevitabile fuga da parte dei legionari, le barriere elevate dal Time Trapper sarebbero comunque rimaste in piedi, per favorire la collocazione di eventuali altre storie “immaginarie” da parte di altri autori. D’altronde, l’idea di una simile “trincea” nella retta infinita della Storia non era affatto nuova, basti pensare alla “Cortina di Ferro temporale” già citata nei comics della Legione a partire dagli anni Sessanta (vedi ad esempio Adventure Comics #317, 1964).

Sigh, duole ammetterlo ma c’è più fascino in questa sola premessa che nel grosso delle storie effettivamente prodotte dalla DC negli ultimi vent’anni. A chi volesse farsi del male (o del bene, dipende dal punto di vista) e leggere il testo dell’intera proposta di Moore per “Twilight of the Super-Heroes”, l’invito è di farsi un giretto sui motori di ricerca. Il documento circola infatti in rete da anni, in una versione avallata perfino da fonti attendibili e vicine a Moore. Trattandosi però di una proprietà della DC Comics, che non vede di buon occhio nessun genere di “pirateria” neppure a scopo amatoriale, ho preferito evitare di mettere online io stesso il file. Buona caccia!
A troncare sul nascere la produzione di “Twilight” è stato proprio questo, il fatto che la DC avesse già acquistato il tutto. Una volta naufragati i rapporti tra Moore e l’editore newyorkese, in seguito a gravi incomprensioni di carattere economico sorte attorno ai diritti di “Watchmen”, la dirigenza di allora deve aver preferito surgelare un progetto ormai orfano del suo autore originale. In ogni caso, e la già citata “Kingdom Come” ne è la dimostrazione, di Moore non si butta via niente, come per gli allevatori col maiale. Una cosa, però, è andata persa irreparabilmente, con enorme scorno di tutti i fan della fantascienza di casa DC: chissà che meraviglia sarebbero state quelle pagine con protagonista la Legione…!

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4 Responses to “Alan Moore: e se dopo Watchmen… la Legione?”

  1. Uomo che Ride scrive:

    Piccola curiosità: “Twilight of the Super-Heroes“ è stato poi utilizzato da Howard Chaykin come principale fonte di ispirazione per l’eleseworld “Superman – Distant Fires”, disegnato da Gil Kane e inchiostrato da Kevin Knowlan. La Legione lì non c’è, ma c’è tutta la storia del mondo post-apocalittico e delle due famiglie schierate (gli El e i Marvel). Il fumetto è molto bello, ma lo stare nelle 64 pagine lo schiaccia e rende tutto affrettato, laddove 128 pagine sarebbero state l’ideale. Comunque una bella lettura, con un Chaykin in buona forma e un apparato grafico di lusso.

  2. Mr. Kayak scrive:

    non lo sapevo! è proprio vero, di moore nun se bbutta via gnente 😛

    grazie della segnalazione, caro! :-)

  3. Scarlet Speedster scrive:

    “Distant Fires” è stato anche pubblicato in Italia, sul Superman Play Press.

  4. Mr. Kayak scrive:

    ah, hmm, su uno degli ultimi numeri, vero? forse forse me ne ricordo giusto la copertina 😛